Calibri da caccia e strozzature: beccaccia e selvaggina stanziale

- Categoria: Caccia

Fra gli appassionati, sono molte, numerose e diversificate le domande alle quali risulta difficile attribuire una risposta certa, semplicemente perché una risposta valida in modo universale… non c’è! Ecco quindi che diventa difficile affermare quale sia il calibro migliore e/o la strozzatura migliore; possiamo cercare invece di affrontare il tema del “miglior compromesso”, in base all’attività venatoria che ci accingiamo a fare, anche grazie all’aiuto del Prof. Simone Bertini, uno dei massimi esperti di caccia. 

Facciamo un esempio che tutti comprendono; usciamo da una sessione di tiro al piattello della Fossa Olimpica con il nostro sovrapposto che si aggira sui 3,6-3,7 kg, canne di 76 cm di lunghezza e strozzature fisse da 2 stelle in prima canna e 1 stella in seconda canna e si decide – con lo stesso fucile – di recarsi a caccia di beccacce nel bosco. È possibile? Si, teoricamente è possibile e anche in pratica; ma cosa dobbiamo aspettarci? Un fucile pesante, ingombrante, poco maneggevole, con le canne che all’imbracciata corrono il rischio di sbattere nei rami, con fucilate che sono talmente strette alle distanze di ingaggio dell’arcera che la sbaglieremo (o la disintegreremo, nella malaugurata ipotesi di centrarla a 12 metri dalla bocca), ecc., ecc. Insomma, un disastro! E chi vi parla (nello specifico Simone Bertini) lo ricorda bene, proprio perché si è trovato in gioventù ad affrontare pari pari l’esempio appena illustrato. Altri tempi, altre condizioni, ma la passione era il motore che tutto aggiustava, balistica e calibri compresi. Resta il fatto che, potendo, sceglieremo nella nostra rastrelliera il fucile “specialistico” oppure – in mancanza di quello – il miglior compromesso che abbiamo a disposizione, per poter uscire a caccia. Per restare all’esempio precedente, un fucile con canne più corte, magari dotato di una strozzatura più aperta, il più leggero possibile (se prevediamo di stare fuori diverse ore, la fatica del porto si fa sentire, n.d.A.). E il calibro? Dipende da quello che abbiamo; la beccaccia si può insidiare con il classico calibro 12, ma certamente anche con il calibro 20 e il calibro 28. Addirittura con il calibro .410, in quanto esistono diverse possibili combinazioni di cartucce dispersanti da abbinare ad una strozzatura e i 18-19 grammi di piombo si possono rivelare letali pure per la Regina del bosco. Ma non dimentichiamo gli estimatori del calibro 16, altro calibro assolutamente performante, che soffre di una certa carenza di armi e munizioni oggigiorno. È pur vero che esiste anche il Club degli appassionati del calibro 16, i quali tentano di riportare in auge questo bellissimo calibro (lodevole iniziativa), molto in voga ad inizio secolo scorso e classificato dagli inglesi come il “calibro perfetto”, quello che poteva sparare la classica oncia di piombo (circa 29 grammi) come carica standard. Tanto per intenderci, il mormone John Moses Browning, uno che di armi se ne intendeva anzichenò e al quale si devono tutta una serie di invenzioni tutt’ora attualissime nel campo delle armi da caccia e militari, riteneva il calibro 20 assolutamente inutile, a scapito del calibro 16. Fu il figlio Val, circa a metà secolo scorso, a far appassionare maggiormente gli utenti al calibro cadetto. Naturalmente, al di là delle preferenze personali, la scelta del calibro deve essere fatta sulla base di alcune considerazioni imprescindibili, che riguardano in primis il selvatico e la distanza di tiro. Nel caso della beccaccia di cui sopra, le distanze sono in genere molto corte e le strozzature aperte, per cui alcune differenze fra i vari calibri possono essere più sfumate. Il selvatico tollera male le ferite e sovente pochi pallini sono sufficienti a vincere la sua resistenza; semmai il problema si pone in relazione all’ambiente dove la cacceremo, più o meno denso di foglie e vegetazione, due fattori che possono limitare l’efficacia della fucilata. Ma la gittata, la distanza “normale” di ingaggio è raggiungibile da vari calibri, aggiungendo la soddisfazione per aver incarnierato una preda così nobile ed importante anche con un calibro così detto “piccolo”. 

Se cacciamo la selvaggina stanziale con il cane da ferma, è altrettanto verosimile che potremo insidiarla a distanze non eccessive, cosa che rende assolutamente congruo l’utilizzo di calibri più piccoli del 12; ricordiamo inoltre come tutte le forma di caccia vaganti sono ancora più gradevoli da utilizzare se pensiamo di portare un minor peso di armi e munizioni per chilometri di passeggiate! Una minore stanchezza si fa peraltro sentire quando – talvolta ansimanti – giungiamo nei pressi del cane in ferma, pochi istanti prima del possibile frullo o involo; condizioni talvolta trascurate, ma che possono riempire o meno il carniere.

In queste poche righe, che implementeremo anche andando ad osservare altri animali come la selvaggina migratoria o l’anatra, abbiamo soltanto voluto affermare nuovamente come non esiste un’unica soluzione, ma la miglior soluzione per il vostro “problema”, intendendo come problema la situazione di caccia ed il selvatico. Se c’è la consapevolezza di quello che stiamo facendo, siamo già a metà dell’opera; possiamo riempire la vasca da bagno anche con un cucchiaino, ma bisogna sapere che ci vuole del tempo, molto di più che non utilizzando un secchio.
E, ricordate, fate numerose prove quando vi accingete a cambiare di calibro: il passaggio, pur se avvincente, affascinante e pieno di promesse, non sempre è così scontato nei risultati; prima di addivenire a cocenti delusioni od esaltazioni temporanee come fuochi fatui, è bene sparare, sparare e ancora sparare. Senza perdersi d’animo se all’inizio le cose non vanno come vorremmo. A volte basta correggere qualche piccolo difetto d’impostazione per vedere miglioramenti comparire come per magia, cosa che rafforzerà immediatamente pure le nostre convinzioni.